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GIOVEDI' 3 APRILE 2014: "La dimensione del male e del dolore nella scrittura" Prof. Da


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E' stato un incontro oserei dire toccante quello di giovedì scorso con il Prof. Viadarin, teologo di competenza profonda e soprattutto di grande umanità, che ci ha guidato attraverso una selezione di testi dall'Antico fino al Nuovo Testamento.

"Che cosa è l'uomo?" questo l'interrogativo centrale... un "quasi Dio" (Salmo 8, 5-6) o un misero "soffio", una fuggevole "ombra" (Salmo 144, 3-4). Da dove viene la sofferenza dell'Uomo... il Male?

Tutto inizia poco dopo la Creazione (Genesi 3): l'astuto/sapiente serpente, pur creatura anch'essa di Dio, ammalia Eva e rende improvvisamente appetibile e desiderabile il frutto dell'Albero della Conoscenza. Eva liberamente decide di disobbedire a Dio, ne mangia e ne offre ad Adamo e " allora si aprirono gli occhi di tutti e due", e d'improvviso tutta l'armonia primigenia del Creato divino si sfalda... nel rapporto confidenziale e quasi paritario iniziale tra Dio e l'Uomo compare la paura dell'Uomo verso Dio, l'uomo incolpa la donna e l'equilibrio dell'umanità si altera esso stesso, così come quello tra Uomo e Creato. Ciò ad indicarci come una prima radice del Male consista proprio nello sfalsamento dei piani, in un travisare la realtà, in un non rispettare le differenze, in un cercare di essere altro rispetto a ciò che si è, snaturando la propria essenza e identità.

Ma i testi della Bibbia mettono in luce tante altre sfaccettature del Male che interpellano fortemente anche l'uomo contemporaneo. Forse proprio per questo appare così attuale in questi tempi di crisi il Qohelet (Qoh 1,1)... "tutto è vanità" o meglio sarebbe dire, tutto è "soffio"... infatti "un'unica sorte è riservata a tutti", ed è la Morte, che travolge ricchi e poveri, persone che hanno vissuto una vita di impegno o che l'hanno sperperata: a che pro allora affannarsi tanto?

In antichità e un po' forse anche oggi, si pensava che il Male toccasse chi aveva una colpa, "chissà cosa avrà fatto per meritarsi questo", spesso ci si chiede quando una sciagura coinvolge un nostro prossimo... un errore retaggio del passato, che però Gesù stesso smaschera quando ridona la vista al cieco davanti agli occhi dei Discepoli che, non avendo capito nulla, gli chiedevano se la cecità fosse colpa sua o di un suo avo.

Ma il male tocca anche i giusti: è il caso di Giobbe, che era uomo puro e fedele a Dio e che prima di essere messo a dura prova da lui, viveva in pienezza e serenità. Stremato infine da questa prova, a parer suo inflittagli ingiustamente, ecco che anche Giobbe si ribella e protesta contro Dio, e quasi esige da Dio stesso una spiegazione del "perché" di tutto questo, facendosi così immagine portavoce dell'intera umanità di fronte a talune prove così difficili da superare. Ma Dio non risponde, piuttosto ridimensiona Giobbe, per così dire, facendogli capire come questi "perché" non possano essere compresi dall'Uomo nella sua intrinseca limitatezza... cos'è in fondo infatti l'uomo, che è tale che pure le più semplici cose del creato sono a lui incomprensibili?

Unica cosa che l'uomo possa fare, che l'uomo non deve mai rinunciare a provare a fare è cercare di leggere e vedere la realtà... e capire di volta in volta la "possibilità" che gli viene posta innanzi.

Ma se l'Antico Testamento pone interrogativi, più che dare risposte, e pare quasi scuoterci ancora più intimamente nei nostri dubbi, nelle nostre domande esistenziali, ecco che una svolta viene dal Nuovo Testamento.

Ancora una volta: che cos'è l'uomo?

E Dio si fa uomo e viene sulla Terra per mostrarci il "vero uomo", in pienezza, per tracciarci lui stesso un cammino da provare a percorrere sulle sue orme. Viene a dirci che lui sarà con noi fino alla morte e "tutti i giorni fino alla fine del mondo", viene ad aiutarci a portare anche noi la nostra croce della sofferenza, a dirci che non siamo mai abbandonati a noi stessi neppure nel momento della prova più estrema...che pure ci lascia così spesso in silenzio e impauriti, come le donne che si recano alla tomba di Gesù e trovano il sepolcro vuoto (Mc 16,1).

Una serata densa di contenuti e spunti di riflessione, che ha smosso credo le corde più intime di ciascuno di noi, invogliandoci a rileggere le Scritture con occhi nuovi, e con la curiosità di andarvi sempre più in profondità, scrutando anche tra le pieghe degli aspetti linguistici di traduzioni, che troppo spesso forse ci limitano a una lettura più superficiale di quanto non volesse esserci rivelato.


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